Nel periodo di emergenza sanitaria che il mondo intero sta attraversando, il legislatore italiano ha disposto la sospensione dei provvedimenti giudiziali di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo. Questa sospensione, originariamente disposta dall’art. 103 comma 6 del D.L. 17 marzo 2020 n. 18, convertito con modifiche nella L. 24 aprile 2020 n. 27, era stata in un primo momento prevista sino al 30 giugno 2020. Tuttavia, a causa del dilagare dell’emergenza sanitaria, la misura è stata prorogata, dapprima fino al 30 settembre 2020 e poi fino al 31 dicembre 2020.

Con il D.L. 31 dicembre 2020 n. 183 (c.d. Milleproroghe 2021), la sospensione dell’esecuzione degli sfratti è stata ulteriormente prorogata sino al 30 giugno 2021.

In definitiva, è da quasi un anno che non si possono più eseguire gli sfratti.

La disciplina in esame ha fin da subito sollevato degli importanti dubbi di legittimità costituzionale, in quanto realizza una compressione quantitativamente e qualitativamente forte di diritti personali di rango costituzionale.

Innanzitutto viene in rilievo la limitazione del diritto di proprietà privata: il proprietario che ha concesso il proprio bene ad un inquilino moroso viene privato della facoltà di godimento di un bene di sua proprietà.

Appare leso, poi, anche la libertà di iniziativa economica privata: si pensi al caso in cui l’affitto riguardi beni immobili che si inseriscono in un ciclo produttivo. La sospensione delle procedure di sfratto, infatti, è stata estesa anche agli immobili ad uso diverso da quello abitativo.

Non meno rilevante, poi, lo svuotamento del provvedimento giurisdizionale di rilascio o di sfratto (anche se il Giudice ha emesso un provvedimento di sfratto, comunque, a fronte di tale blocco, il provvedimento non può essere eseguito) e l’eccessiva e sproporzionata dilazione del processo esecutivo.

Alla luce di tali diritti costituzionalmente tutelati che vengono violati, appare lecito domandarsi quale sia la giustificazione del blocco degli sfratti.

A tutta prima, si potrebbe sostenere che la ragione del blocco risieda nell’esigenza di evitare situazioni che implichino spostamenti di persone e, dunque, potenzialmente dei contagi.

In realtà, la vera ragione di tale blocco appare essere la necessità di tutelare le esigenze di conduttori e affittuari che, a causa delle difficoltà economiche derivanti dall’emergenza sanitaria da Covid – 19, non riescano più a pagare l’affitto.

Ravvisata, dunque, in questa esigenza la ragione giustificatrice della lesione dei diritti costituzionalmente tutelati di cui sopra, occorre interrogarsi in ordine alla legittimità costituzionale della normativa che pone il blocco degli sfratti.

La Corte Costituzionale ha sul punto stabilito che la compressione dei diritti soggettivi costituzionalmente riconosciuti alla persona e al cittadino (come quelli sopra elencati) possa essere disposta dal legislatore per garantire l’adempimento degli inderogabili doversi di solidarietà politica, economica e sociale di cui all’art. 2 Cost., purché nel rispetto dei criteri di proporzionalità, ragionevolezza ed efficacia, nonché con salvezza del contenuto essenziale del diritto sacrificato.

In relazione alla normativa in esame, non risulterebbero essere rispettati i criteri della proporzionalità, della ragionevolezza e dell’efficacia. Ciò che, in particolare, appare oltremodo lesivo dei diritti del proprietario dell’appartamento, infatti, risulta essere la tecnica dei continui rinvii del termine di sospensione degli sfratti, che appare senz’altro censurabile. Del resto, la Corte Costituzionale, compulsata su una situazione simile a quella che stiamo attualmente vivendo già nel 2003, aveva affermato che "la sospensione della esecuzione per rilascio costituisce un intervento eccezionale, che può incidere solo per un periodo transitorio ed essenzialmente limitato".

In definitiva, la disciplina attuale che blocca l’esecuzione degli sfratti appare essere censurabile sotto più aspetti: non è escluso che da qui a breve venga sollevata una questione di legittimità costituzionale, che porterà la Corte Costituzionale a doversi pronunciare sulla legittimità di tale tecnica legislativa.

Nel frattempo, per come stanno attualmente le cose, ai proprietari degli appartamenti non resta che attendere il 30 giugno 2021 per veder portato ad esecuzione il provvedimento di sfratto.

 

"Changing your idea of what robots can do"

Con questo claim la Boston Dynamics si presenta al mondo, insieme ad una flotta di 5 robot degni dei migliori film di fantascienza.

Ebbene si, i robot sono il presente, e tra non molto ognuno di noi ne avrà almeno uno.

No, non è l’apocalisse, è realtà!

Immaginate di avere al vostro fianco un assistente personale, con la potenza di calcolo di un computer della NASA, capacità motorie di un atleta, disponibile 24 ore su 24 e che, volendo, si occupi pure delle faccende domestiche!

Che ne pensate?
Già da anni gli scienziati si pongono enormi domande etiche in merito ai robot, quindi non spaventatevi.. troveranno anche il modo di convincerci ad acquistarli!

Anzi, se volete, i primi modelli sono già disponibili a partire da 74’500 $ sul loro e-commerce.

Chi farà il primo acquisto?

 

"Maestro, mio figlio ha riportato la pagella con un voto basso in matematica e alto in disegno. Vado a cercare un professore esperto in matematica che lo possa aiutare?

Assolutamente no, vai a cercare il maestro di disegno più bravo che c'è"- Alejandro Jodorowskj


Tutti noi nasciamo con delle abilità più sviluppate di altre. Nasciamo con delle abilità che ci "vengono naturali" e altre che proprio fatichiamo a fare nostre. Abilità che non fatichiamo a mettere in pratica, cose che, per chi ci osserva, sembra quasi che facciamo da tutta la vita. Per qualcuno è un'abilità artistica, per altri la matematica, per altri ancora le relazioni personali, per altri ancora la capacità di risolvere i problemi. Al contrario però, viviamo in un mondo che questa cosa proprio non la vuole accettare. Un mondo che non accetta e non ricerca l'eccellenza ma anzi, che cerca in tutti modi di levigare le nostre capacità e di abbassarci tutti allo stesso livello. Fortunatamente non sempre è così e negli anni qualcosa sta cambiando, ma siamo ancora lontani dal comprendere l'importanza di lavorare sui nostri punti di forza.A scuola, nello sport, nell'educazione, a casa, quello che ci siamo sempre sentiti dire è che dobbiamo diventare bravi in tutto, che non va bene prendere 9 in matematica e 6 in italiano, ma che dobbiamo prendere almeno tutti 9 o quantomeno a questo ci dobbiamo avvicinare. Nel lavoro non è molto diverso. Dobbiamo essere competenti in tutto e lavorare anni su quelle che sono le nostre "debolezze" al fine di poter essere bravi in tutto.

Qual è il problema di questo metodo?

Semplice. Sprechiamo anni e tempo prezioso, nel lavorare su quello che proprio non ci riesce auspicando di riuscire quantomeno a diventare MEDIOCRI, invece di concentrare tutte le nostre forze nel lavorare su ciò che ci viene naturale con la più ben probabile possibilità di diventare STRAORDINARI.


Ciò che ci viene naturale, ciò che ci appassiona, è la nostra più grande forza. Impariamo a lavorare su questo per poter tirare fuori il meglio.

 

Per chi lavora in un ufficio, l’e-mail è al tempo stessa la migliore e la peggiore amica. Sì, perché rispetto al passato – e chi ha vissuto la transizione lo sa bene – ha facilitato molto le comunicazioni. Ma questa facilità ha poi mostrato il suo lato oscuro e oggi faremmo volentieri a meno della metà dei messaggi che riceviamo.

Tutti prima o dopo ci siamo trovati di fronte allo schermo del nostro pc domandandoci come iniziare un’e-mail professionale. Gentile o distinto? Sig. o dott.? Saluto o non saluto? Che rottura, diciamocelo.

Però, che ci piaccia o no, di fatto un’e-mail di lavoro prevede delle regole che abbiamo forgiato noi nel corso degli anni. Bene, ma allora sta benedetta e-mail come la inizio? Risposta paracula: dipende; e questo non dobbiamo mai dimenticarlo.

Ma andando oltre le dovute cautele possiamo individuare qualche regoletta che almeno nel – sparo – 70% dei casi può funzionare e far partire la corrispondenza con il piede giusto. Una di queste la possiamo scopiazzare dai nostri cugini anglofoni.

Chi inizia a scrivere un’email ed è cresciuto in un paese in cui si parla inglese inserisce quasi sempre un elemento, che noi italiani utilizziamo pochissimo. Mi riferisco alle formule di ringraziamento, i vari grazie per il suo messaggio/grazie per avermi scritto. Costa davvero poco, pochi picchiettamenti sulla tastiera, ma contribuisce a creare un clima comunicativo all’insegna della collaborazione.

Consigliatissimo (e grazie per aver dedicato un minuto del tuo tempo a questo articoletto).